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Ah...se solo avessi fatto/detto/avuto!

Se solo avessi…quando (vorremmo credere che) il passato è la giustificazione delle nostre insoddisfazioni presenti!


Nel presente che viviamo, a molti è sicuramente capitato di percepire un momento di rammarico, anche di vergogna. Un pensiero rievoca fatti accaduti nel nostro passato e li giudica: crede che nel loro corso qualcosa sia andato storto, che il bivio in cui ci siamo trovati di fronte sia stato deviato da cause esterne incontrollabili, rendendo il presente ciò che è. Non è un mistero che ognuno di noi abbia commesso nella sua vita degli errori. Non è nemmeno un caso che alcuni di questi sbagli possano aver interferito e complicato gli eventi successivi. L’aneddoto a cui siamo sempre stati abituati è dover pensare che gli errori fanno parte della crescita. Ma il rimpianto è spesso inevitabile. Non è una certezza, ma per molti è una reazione conscia e ricca di emozioni che si manifesta quasi inesorabilmente. Può diventare quasi un compagno scomodo, vicino a noi nei momenti più difficili, del presente però.


Il rimpianto ha caratteristiche uniche, non solo a riguardo delle emozioni che evoca: imbarazzo, vergogna, tristezza, ma anche in relazione a ciò che si presuppone sia il suo specifico scopo, ovvero, riportare la mente su un errore reale tuttavia inutile e non toppo dannoso. Il rimpianto è quindi un meccanismo che sfrutta la memoria per andare a rievocare specifici vissuti. A volte però nel momento in cui tali vissuti sono rievocati, essi diventano chiavi per rileggere la nostra storia: in amore “se solo gli/le avessi detto quanto la amavo”, sul lavoro “se solo avessi accettato/continuato quel lavoro nonostante tutti i miei dubbi”, la salute “se solo fossi stato/a più attento ai segnali che il mio corpo mi stava mandando” e infine la fortuna “se solo non avessi dimenticato di giocare quei numeri…” e via dicendo.

Ciò che però non si riesce immediatamente a prendere in considerazione immediatamente è che nel rimpianto la rievocazione di un vissuto subisce una trasformazione nei soggetti protagonisti e nelle dinamiche ad essi interconnessi che diventano una trama ideale per distoglierci da ciò che più di tutto temiamo, il presente.

Il rimpianto coinvolge il passato, il passato non è negoziabile, ma le dinamiche degli eventi, le responsabilità attribuite ad essi lo sono nel modo in cui lo rievochiamo. Il pensiero a cui si arriva è che ogni alternativa era quella giusta. L’amore non corrisposto, il lavoro impossibile non accettato, il disinteresse verso il nostro stato di salute, sono capri espiatori e giustificazioni di un presente che non ci soddisfa.


Cambiamo rotta: fermiamoci un istante. Ciò che si deve fare è comprendere che non esiste un passato alternativo. Michael J.Fox lo affrontava con, quanto meno, indubbia facilità in ‘Ritorno al Futuro’ ('Back to the Future'- M.J.Fox e C.Loyd, 1985 regia di Robert Zemeckis), ma anche in quel caso un cambiamento concreto agli eventi del passato non sempre si è tradotto in un ripristino degli equilibri nel presente…anzi!

Ciò a cui dobbiamo aprirci, come pensiero, è che non esiste un passato alternativo che avrebbe potuto portare un presente migliore. Riconosciamoci innanzitutto nelle scelte fatte: giuste/sbagliate, sono parte integrante di ciò che in quel momento abbiamo ritenuto di dover fare. Una scelta è sempre possibile, e lo è stato anche quando abbiamo agito. Sentiamo nostra ogni scelta fatta! Affermare che “sarebbe andato meglio se” equivale a sabotare ciò che realmente è: ovvero il presente!



Non è semplice ammettere che i rimpianti sono alibi, ma spesso riconosciamo che è così. Quando le cose a volte si mettono male, quando la ruota non gira, la mente cerca di non riconoscere nell’ ‘io’ del presente fragilità, paura e senso di inadeguatezza, ma scava nel passato alla ricerca di un (finto) vero responsabile e lo rintraccia negli eventi accaduti. Proviamo a non occuparci di ciò che non possiamo affrontare (il passato). Proviamo soprattutto a liberarci di ciò che non può essere mai accaduto (il falso passato dei rimpianti). Occupiamoci del presente. le scelte che facciamo non sono in bilico sul risultato di un tiro a dadi che quotidianamente facciamo. Oppure se vogliamo citare esempi cinematografici, delle ‘Sliding Doors’ (G.Paltrow, 1998 regia di P.Howitt) che ogni giorno si chiudono poco prima o poco dopo le nostre scelte impedendoci di vivere quella giusta. Il presente è autentico, se lo viviamo con autenticità.


Riconosciamoci a pieno. Secondo Carl Rogers (1902 -1987; Psicologo, fondatore dell’approccio Umanistico nella psicologia) l’individuo valuta ogni esperienza in relazione al proprio concetto di sé. La gente vuole comportarsi in modo coerente con l’immagine che ha di se stessa. Le esperienze e i sentimenti non coerenti costituiscono una minaccia e possono non essere accettati dalla coscienza. Una sorta di filtro paragonabile alla rimozione di Freud. Rogers riteneva che maggiore è il numero di aree di esperienza, eventi, che una persona non accetta, maggiore è il contrasto con il proprio concetto di sé e di conseguenza, maggiore l’abisso tra la realtà e il sé. Quando l’abisso aumenta ecco comparire ansia, fragilità e paura incondizionata difronte al domani.

Una persona ben adattata ha un concetto di sé coerente e flessibile con il proprio comportamento, l’esperienza e i propri pensieri.


Proviamo allora questa tecnica: due sono i punti chiave.

1) proviamo innanzitutto a smettere di raccontare e rievocare il ricordo rimpianto. Un rimpianto ha bisogno di audience per sopravvivere. Il pubblico determina se è degno di restare. Priviamolo di questa fama e notorietà. Non serve alimentare uno show monotono e privo di fondamenta.

2) Proviamo ad essere al centro delle nostre azioni. Un rimpianto nasce quando il nostro atteggiamento è passivo nei confronti degli errori commessi, piccoli o grandi che siano. Gli errori vanno affrontati e riconosciuti come un’occasione di apprendimento reale che ci serve nel presente. Ammettiamo l’errore, riconosciamone la nostra responsabilità, sfruttiamone l’esperienza per un futuro diverso.

E’ vero, non è semplice. Ma una meta richiede un percorso, un percorso coincide con lo spostarsi da un punto per raggiungerne un altro. Sportarsi richiede energia, movimento e coraggio.

Ma nel momento in cui le nostre energie iniziano a tradursi in quel movimento di cambiamento che gradualmente prende forma e forza, che i rimpianti smettono di prevaricare sul nostro presente.


Un campione sportivo di grande rilievo a livello mondiale un giorno disse di sé, descrivendo sè stesso alla stampa internazionale: ‘Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Michael Jordan


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